L’arancio (Citrus sinensis) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rutacee, il cui frutto è l’arancia (detta nell’uso corrente anche “arancio”, come l’albero), talora chiamata arancia dolce per distinguerla dall’arancia amara. È un antico ibrido, risultato di un incrocio di oltre 4000 anni fa tra il pomelo e il mandarino. Originario della Cina e del sud-est asiatico, questo frutto invernale sarebbe stato importato in Europa solo nel XVI secolo da marinai portoghesi. Tuttavia alcuni testi antico-romani ne parlano già nel I secolo; veniva coltivata in Sicilia dove era chiamato melarancia, il che potrebbe significare che il frutto avesse raggiunto l’Europa via terra. Potrebbero essere corrette entrambe le teorie. Probabilmente l’arancio giunse davvero in Europa per la via della seta, ma la coltivazione prese piede solo nella calda Sicilia, dove la sua diffusione si arenò. Solo dopo secoli venne riscoperto dai marinai portoghesi.
SOTTOSPECIE E VARIETA’
L’arancio è l’agrume più diffuso nel mondo e se ne coltivano centinaia di varietà. Alcuni frutti sono a polpa bionda (ovale, biondo comune, navelina, washington navel, ecc.), altri a polpa rossa per via dei pigmenti antocianici in essi contenuti (moro, tarocco, sanguinello), alcuni più grandi e più belli, altri di aspetto più modesto e dalla buccia più sottile, ma più succosi e dunque adatti per spremute. Solo in Italia più di venti varietà vengono coltivate come frutta da tavola e altrettante per spremuta. Comunque, le arance dolci non vengono consumate solo come frutta fresca ma, soprattutto nel caso di quelle a polpa bionda, vengono utilizzate per la produzione di succhi (durante la lavorazione delle quali la buccia, preventivamente separata dal resto del frutto, viene sfruttata per estrarne l’olio essenziale in essa contenuto) e, in misura minore, per la produzione di canditi e frutta essiccata.
La definizione Arancia rossa di Sicilia è usata per individuare le varietà di arance polpa rossa (moro, tarocco e sanguinello) che rispettano quanto previsto nel relativo disciplinare “Arancia rossa di Sicilia IGP” (Indicazione geografica protetta).
USI ED ESSENZE
La buccia dell’arancia è una preziosissima fonte di essenze.
L’olio essenziale dell’arancia dolce o essenza di Portogallo è un liquido che va dal giallo-arancione al rosso scuro (varietà Tarocco e Sanguinello) che ravvisa l’odore della scorza fresca del frutto, parzialmente solubile in alcool etilico a 96° (dà infatti delle soluzioni torbide). Costituito quasi esclusivamente da limonene, viene usato nella produzione di liquori e per aromatizzare molti detersivi. Viene spesso utilizzato per sofisticare molti altri oli essenziali agrumari. La presenza del delta-3-carene, un monoterpene, naturalmente presente nell’essenza di arancia dolce, spesso è rivelatrice di questa sofisticazione.
Il terpene d’arancia è un liquido incolore ottenuto dalla distillazione dell’essenza di arancia, largamente usato come solvente naturale dall’industria delle vernici.
L’essenza deterpenata è ottenuta dalla rettificazione dell’olio tal quale. A seconda del grado di deterpenazione può presentarsi da rosso scurissimo a marrone ed è molto aromatica; esiste anche l’essenza “desesquideterpenata” che appare di colore giallo pallido e ha una nota olfattiva meno potente.
L’essenza di zagara o neroli è ottenuta da soli fiori dell’arancio amaro (la parola zagara deriva infatti dall’arabo zahra (in arabo: زهرة, zahra), che per l’appunto significa “fiore” e mai dai fiori dell’arancio dolce.
Le arance, oltre al consueto consumo come frutto o sotto forma di spremuta d’arancia, vengono utilizzate anche in alcune ricette agrodolci come la famosa anatra all’arancia. Nelle tavole siciliane l’arancia si può trovare in insalata, con olio, sale e pepe, spesso con l’aggiunta di cipolle e olive. Sempre in Sicilia, la scorza è spesso usata per insaporire le creme da dolce, grattugiandola; si può anche candire, come talora insieme con la polpa tagliata a fettine. Un altro uso di ambedue le parti è nella marmellata di arance.
Nell’industria farmaceutica viene esclusivamente utilizzato l’olio essenziale ricavato dalle sacche oleifere della scorza per le sue qualità aromatizzanti.
Con i fiori d’arancio vengono costruite composizioni floreali per la decorazione di chiese in occasione di matrimoni, per significare la castità della sposa. I frutti invece possono essere utilizzati per esempio per i pot pourri.
STORIA DELL’ARANCIA IN ITALIA
La Conca d’Oro di Palermo costituì, per le grandi coltivazioni di arancio, una delle meraviglie dell’agricoltura araba di tutto il bacino del Mediterraneo. Nei secoli successivi registriamo gli splendori della coltivazione nelle serre del Garda, che rifornivano le tavole dei grandi signori di Venezia e Milano, e sulla costa genovese, dove i frutti erano destinati alla produzione di canditi, ricco sottoprodotto della raffinazione dello zucchero, di cui Genova è tra i primi importatori. In entrambi i casi gli aranci coltivati sono aranci amari.
Più di tre secoli fa, introdotti da saraceni e schiavoni, si diffondono sulle coste pugliesi coltivazioni di agrumi le cui caratteristiche si differenziano ben presto dalle altre specie italiane, come nel caso del Gargano. Grazie alla natura carsica del suo terreno e alle condizioni climatiche il Promontorio offrì allora le condizioni per il massimo sviluppo del limone femminello del Gargano e dell’arancia del Gargano che nei secoli successivi trainarono l’economia della zona grazie alla produzione dell’oasi agrumaia di Rodi Garganico e di San Menaio.
Alla metà dell’Ottocento arancio e limone incominciano una repentina diffusione anche sulle coste sicule e su quelle calabresi. Sono colture relativamente limitate, ma i loro prodotti alimentano un commercio fiorentissimo, che si dirige ai mercati di Londra, e soprattutto New York, che consuma aranci siciliani fino al trionfo della frutticoltura californiana. L’agrumicoltura si sviluppa lentamente, in Sicilia e in Calabria, assicurando redditi alquanto elevati, fino ai primi anni del secondo dopoguerra, quando la sua espansione diviene tumultuosa, e si protrae nonostante i produttori non riescano a imporsi forme di organizzazione in grado di affrontare i grandi mercati di consumo, in specie quello tedesco, dove dal 1980 le importazioni divengono sempre più difficili, incalzate da quelle spagnole, di qualità non superiore, ma ordinate secondo formule commerciali molto più funzionali ed efficaci.
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